L’articolo intende proporre ed esercitare una prospettiva grafica, come critica della normatività teoretica insita nella filosofia del diritto. La filosofia del diritto si posiziona in una tradizione o intreccio di pratiche grafiche: scrittura, alfabeto, testo, grammatica ecc. Questa ideale e potenzialmente abissale genealogia si configura come un esercizio (Sini), rivolto a cogliere in ogni nuova pratica il salto di prospettiva sul mondo, ovvero il punto di emergenza del mondo per l’uomo: ciò che qui è interpretato in chiave normativa.
Attraverso Ong, Havelock, Svenbro, Illich, Auroux è esercitata una parziale genealogia della nostra pratica teoretica. Gli autori sono poi discussi in riferimento alla positivizzazione della regola e alla sua retroversione: ciò che permette una critica grafica delle dicotomie orale/scritto, consuetudine/legge. Si coglie dunque la normatività della pratica, come configurazione (Robilant) del mondo, ovvero come sua de-cisione (Sini). Si riconosce infine la pratica filosofico-giuridica, nel suo procedere critico e definitorio volto a corrispondere alla norma, come sempre già normata: ciò che proponiamo di vedere come una consuetudine nomo-grafica. In questo paradosso nomico della filosofia del diritto vediamo un privilegio filosofico.
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