Nell’attuale temperie sociale, la sorveglianza perpetrata da poche entità invisibili nei confronti di un’ingente quantità di consociati rappresenta una pratica assai diffusa. Tuttavia, nell’ambito dei surveillance studies, tale situazione viene percepita come una minaccia per il buon funzionamento degli odierni regimi democratici. Attraverso il presente lavoro si prenderanno in esame tre figure paradigmatiche di anelli capaci di garantire l’invisibilità a chi li detiene: dalle riflessioni di Platone, Tolkien e, infine, di Jeremy Bentham emergerà il prorompente e ambiguo potere di comando insito nella facoltà di vedere senza essere visti. Attraverso un percorso che si snoda dal mito di Gige fino alla struttura del Panopticon, si cercherà di mettere in luce come l’universo visivo possa costituire, sul piano socio-giuridico, non solo il presupposto per una degenerazione dispotica dei sistemi politici, ma anche il punto di partenza per iniziare a immaginare una democrazia più robusta e coesa. Adottando un approccio teorico che unisce progressivamente mito, letteratura e riflessione gius-filosofica, sarà possibile fornire un sostegno concreto a una corrente di pensiero minoritaria a livello legislativo, ma che, oggi supportata anche da alcune figure chiave nell’ambito dell’informatica giuridica, promette di consentire di disegnare un nuovo equilibrio tra sorveglianza e democrazia.
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