Oggi il diritto permea e codifica quasi tutto l’agire umano. Dove vi è azione dell’uomo, generalmente vi è un modo di compierla secondo il diritto. Il diritto pretende dunque di essere onnicomprensivo e si ‘spaccia’ per una disciplina onnipresente e quasi onnipotente, che tutti devono conoscere in virtù del principio ‘ignorantia legis non excusat‘.
Questa operazione di ‘retorica sociale’ ha portato i suoi frutti, dato che la gente comune crede che nel diritto possano trovarsi quasi tutte le risposte, risposte che essa pretende a gran voce, reclamando continuamente i propri “diritti” (veri o presunti che siano). Ma il diritto riesce effettivamente a dare tutte le risposte che promette di dare? O rischia di produrre irreparabili danni, quando interviene in campi per i quali non ha gli strumenti adatti per operare? È forse questo il suo lato oscuro? Il fatto che esso, a volte, non risulti altro che un grande bluff, che esso in realtà non ammetta di essere ‘difettivo’ e ‘difettoso’?
Questo scritto propone una ipotesi di lavoro proprio a partire da una concezione apofatica del diritto.
Aree tematiche
Osservatorio
-
Post Recenti
- Malintesa. Aforismi chiastici sulla (il-)legittimità costituzionale delle intese mancanti e sui possibili rimedi all’inerzia legislativa. 26/06/2025
- Formazione del giurista e inclusività. Per una scienza giuridica diastemica. 24/06/2025
- Who are Digital Citizens?Identity, Responsibility and Citizenship in a Datafied Society. 20/06/2025
- Nuovi linguaggi del mercato energetico e inclusione sociale dei migranti. 20/06/2025
- Dal diritto ecclesiastico coloniale al diritto ecclesiastico interculturale? A margine di un recente studio sul diritto ecclesiastico coloniale italiano. 19/06/2025