Magia, la fede illegale. Religiosità folk e controllo sociale tra passato e presente

Questo studio indaga i rapporti tra la cultura religiosa dominante (e dunque anche il potere politico che, al contempo e in varia misura, la appoggia e ne viene condizionato) e la pratica della stregoneria e della magia bianca e nera in ambito europeo, nel passato (si prende come esempio l’Inquisizione spagnola) e nel presente. Nel far questo si tenta di gettare una luce – anche sulla base delle analisi svolte da discipline diverse tra XIX e XX secolo: dalla sociologia all’antropologia, dalla teologia al diritto – sulla relazione tra magia e religione per ciò che attiene al fattore organizzativo; all’accettazione sociale; al modo di concepire la natura, il soprannaturale, gli agenti divini e i presupposti del loro agire; la liturgia e la funzione della preghiera. A tale riguardo si sottolineano le analogie e si evidenziano i tentativi di screditare e marginalizzare, se non di cancellare, la cultura magica minoritaria da parte della cultura religiosa maggioritaria, che pure in origine mostrava chiari tratti magici e continua residualmente a mostrarli. Questo ostracismo esiste tutt’oggi e spesso si serve dell’argomento secondo cui tramite l’abuso della credulità popolare – regolato nell’ordinamento italiano dall’art. 661 c.p., di cui si offre una sintetica analisi – individui o organizzazioni privi di scrupoli approfittano dell’impreparazione culturale o della debolezza psicologica altrui a scopo di arricchimento personale, o comunque per fini che lo Stato dovrebbe ritenere non meritevoli di tutela, agendo di conseguenza in funzione preventiva e repressiva. Si tratta di tesi che, quando utilizzata dalle Chiese e denominazioni cristiane, esibisce un’evidente connotazione ideologico-confessionale, ricostruibile nei suoi contenuti storici e dottrinali salienti, e porta con sé il rischio di un non pieno rispetto della libertà di culto delle opzioni religiose di minoranza. D’altro canto, al di là di quei comportamenti che si traducano in illeciti civili e penali, l’idea positivistica secondo cui la magia sarebbe un’esperienza umana ‘primitiva’ rispetto alla religione e ancora più in rapporto alla scienza e alla tecnica moderna ha da tempo mostrato i propri limiti: in piena età scientifica, magia e religione godono ancora di largo seguito, sia pur non con gli stessi numeri e la medesima pervasività culturale di un tempo. La pretesa di rivelare un ordine ‘naturale’, inoltre, accomuna magia, religione e scienza nell’illusione di ergere ad assoluto il proprio paradigma epistemologico. Infine, a complemento della disamina sull’abuso della credulità popolare, si affronta il tema della decidibilità giuridico-processuale degli assunti religiosi, analizzando un recente caso giudiziario.

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