Lo stran(ier)o imprenditore. Per una lettura interculturale dell’art. 2082 del codice civile italiano

Nel definire l’«imprenditore» colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, l’art. 2082 del codice civile descrive una fattispecie di tipo esclusivamente funzionale, lasciando nell’ombra l’attore economico nella concretezza delle sue fattezze culturali. Nella sua stringata enunciazione, il legislatore pare disinteressarsi delle caratteristiche antropologiche della persona, del suo bagaglio reale di esperienze, fatto non solo di competenze giuridico-professionali, ma anche di schemi concettuali e prasseologici, risorse linguistiche e comunicative, posture etico-religiose, circuiti di relazioni familiari, economici, sociali, culturali. Al contrario, la letteratura antropologico-economica ha attestato ampiamente come le differenze culturali possano ripercuotersi sulle caratteristiche e sulle scelte dell’attività imprenditoriale determinando una diversificazione rispetto ai comportamenti economici tradizionali o convenzionali. Il presente contributo intende soffermarsi su tali caratteristiche “mute” dell’agire economico e imprenditoriale e chiedersi se esse possano investire anche la sfera dell’agire giuridico imprenditoriale. Prendendo come spunto l’art. 2082 del c.c., ci si domanda se il “non-detto” culturale non rappresenti un elemento determinante i comportamenti economici degli imprenditori stranieri e, in quanto tale, possa essere considerato giuridicamente rilevante e suscettibile di una valutazione ermeneutica di tipo interculturale.

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