Il presente studio esplora il ruolo dell’intenzione come principio cardine nella percezione e nell’applicazione di concetti come ‘giustizia’ e ‘sostenibilità’ all’interno delle comunità rurali all’epoca della transizione energetica europea. Attraverso un’indagine etnografica condotta personalmente nel 2023 fra le comunità cristiano- ortodosse nel territorio rurale romeno, ho investigato le sfide connesse alla transizione energetica e al conseguimento degli obiettivi delineati dal Green Deal europeo. In particolare, mi sono soffermata sulla direttiva statale volta a ridurre e sradicare l’uso diffuso di biomassa legnosa per il riscaldamento domestico e il passaggio all’utilizzo di nuove tecnologie e risorse rigenerabili. La ricerca di campo ha rivelato che questa particolare pratica di riscaldamento rispecchia in realtà dinamiche profonde legate alla relazione fra essere umano e ambiente. Tale relazione si sviluppa all’interno dell’universo cristiano-ortodosso in cui l’essere umano viene concepito come un co-partecipe nell’atto di continua creazione del mondo e, pertanto, ha l’obbligo di un utilizzo responsabile e propositivo delle risorse naturali. Grazie a un’impostazione dell’indagine antropologica orientata a osservare ciò che le persone pensano di stare facendo, è emerso come le percezioni locali in merito all’uso della legna da parte delle comunità fossero rivestite di una valenza positiva poiché legate a un modo sostenibile di vivere e di far vivere il territorio. Viceversa, le nuove normative ambientali e gli schemi di comportamento da esse formalmente richiesti erano qualificati dagli autoctoni come nuovi modi orchestrati dalle istituzioni sia europee sia statali per sfruttare il territorio e generare ulteriore povertà, in particolare alla luce degli elevati costi delle tecnologie alternative di riscaldamento.
La comprensione del coefficiente di intenzionalità incapsulato nella rappresentazione dei processi di utilizzo del territorio da parte degli autoctoni, come ad esempio l’uso della legna per riscaldarsi, costituisce un prerequisito irrinunciabile per l’elaborazione e gestione di percorso di transizione coerente ed inclusivo. Questo perché categorie come ‘sostenibilità’ e ‘tutela ambientale’ non possono essere elaborati in modo aprioristico e in base a una sorta di astratta presunzione di universalità e oggettività. Essi possono considerarsi declinati in chiave universale solo a patto di fare interpenetrare le loro interpretazioni e attuazioni con gli abiti cognitivi e i bacini di pratiche generati localmente e culturalmente idiomatici. In tal senso, l’ambiente vissuto nelle comunità rurali della Romania è soggettivo solo se osservato dalla prospettiva europea e assumendo quest’ultima come asse razionale-oggettivo. Per converso, poiché esso è inserito all’interno di azioni radicate nella dimensione assiologico-intenzionale ma incorporate nella fenomenologia e nello sviluppo materiale dell’ambiente, può dirsi – con una metafora solo apparentemente paradossale – che quel contesto ambientale è oggettivamente preterintenzionale. In altre parole, esso incapsula un’intenzione che si è fatta materia attraverso l’interazione dinamica tra soggetto umano e contesto di vita. Tale considerazione ha consentito di cogliere le molteplici sfide e le contraddizioni insite nella transizione energetica europea, evidenziando l’interconnessione complessa tra un approccio positivistico-normativo corrispondente alla prospettiva comunitaria e la cultura locale.
In chiusura, ho posto l’accento sull’importanza di un’attiva inclusione delle prospettive locali nel processo decisionale europeo e in quello nazionale: prospettive intese quale presupposto inderogabile per garantire l’efficacia e la giustizia delle politiche di transizione energetica. Tale approccio appare essenziale al fine di promuovere la formulazione di politiche sensibili alle specifiche esigenze e visioni delle comunità coinvolte, contribuendo così a una transizione energetica più equa.
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