Il diritto si occupa tradizionalmente di regolare la devoluzione patrimoniale causata dalla morte di una persona fisica (successione). Nel mondo digitale si riverbera un universo di dati afferenti al defunto, gestiti dai providers, in base a istruzioni ricevute in vita, oppure a contratti di gestione dei profili post mortem. È in atto un tentativo di hackeraggio della morte attraverso le tecniche di digital afterlife verso le quali le scienze giuridiche non sono del tutto pronte a intervenire con una loro compiuta regolamentazione.
Gli strumenti offerti dal web sfuggono, a volte, alla presa del diritto civile e seguono indirizzi suggeriti dalle culture e dalle fedi religiose di chi li pone in essere, d’altra parte in molti sistemi giuridici l’anima assume una propria dignità giuridica, soprattutto nel diritto successorio. Occorre pertanto trovare soluzioni che garantiscano e tutelino la reale volontà del disponente, cautelando la sua ultrattività digitale senza che la medesima subisca abusi, tutelando la digital personhood. Si diffondono, quindi, nuove tecniche di e-legacy come il mandato post-mortem, il trust digitale, la web designazione del successore. Lo scopo di chi ricorre a tali strumenti è spesso quello di assicurarsi proprio una “vita eterna digitale”.
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