Nella vita quotidiana, l’incontro nello spazio è un incontro di corpi agenti. Esso non avviene nel vuoto ma in una dimensione relazionale modellata dai significati e mediata da storie, narrazioni, immagini, memorie “reali” e “immaginarie”. Questa caratteristica della vita quotidiana è particolarmente evidente nei contesti di convivenza multiculturale. Al loro interno, la percezione di ogni oggetto, evento o soggetto è sintesi delle adiacenze spaziali e semiotiche, delle sequenze di relazioni e nessi che ne determinano il manifestarsi. Il significato di ogni entità che “occupa” lo spazio è il riassunto di precedenti esperienze riattualizzate attraverso la memoria e di possibili implicazioni future presentificate mediante l’immaginazione. Ciò che “è” e il suo spazio di esistenza dipendono, dunque, dalla configurazione dei contesti di esperienza e significazione.
Lo spazio vissuto è però uno spazio sociale, quindi oggetto di proiezioni assiologiche, teleologiche e normative. Comprendere lo spazio di convivenza implica, perciò, l’analisi dei suoi legami con le scansioni categoriali e normative che ne ritmano l’uso e modellano il suo significato. L’esito di questo “lavorìo semiotico-spaziale” è incorporato proattivamente nella percezione culturale, psico-fisica e irriflessa dello spazio, generandone la “cosalità”. La reciproca coimplicazione tra soggettività, spazialità e categorizzazione può essere colta efficacemente attraverso lo spettro di una figura caratteristica della coesistenza abitativa e della loro regolamentazione giuridica: le immissioni.
Il lavoro propone una lettura interdisciplinare (antropologia, sociologia, semiotica e corologia) di questa categoria giuridica servendosi dell’indagine etnografica su un condominio multiculturale chiamato Hotel House, costituito da 480 appartamenti e abitato da quasi 2000 persone (il 95% delle quali immigrate), che funge da arena di negoziazione prosaica, nella quale imparare a (soprav)vivere con la differenza e a ri-costruire quotidianamente confini sociali e forme di cooperazione.
L’esito di questa analisi sul campo conduce a riconoscere nei diritti umani e nel loro uso interculturale un’interfaccia di traduzione e compenetrazione tra spazi fisici e culturali, remoti e prossimi. Ne emerge, quale spazio effettivo della convivenza multiculturale, una dimensione corologica, dove segno e materia, soggetto e spazio, categorie e geografia/topografia, si riarticolano lungo un continuum di senso e di esperienza che trova nel condominio e dei suoi processi di appart-amento una metafora e un laboratorio delle possibilità di convivenza globale, un mondominio.
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